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I contenuti della scheda provengono dal sito http://piccolabibliotecajesina.it/ ideata e diretta da Paola Cocola con l’intento di offrire un contributo alla conoscenza dei personaggi e dei fatti che hanno segnato le vicende passate della città.
http://piccolabibliotecajesina.it/archivio/Ospedale_sanatoriale_Augusto_Murri.pdf
Costruito dal 1934 al 1938 per la cura della tubercolosi dall’INFPS (Istituto nazionale fascista della previdenza sociale) su un terreno donato dal Comune di Jesi, con una capacità di 220 (250) posti letto. Nel dopoguerra cessò di essere sanatorio e si collegò con l’ospedale ospitando i reparti per la cura delle malattie riguardanti l’apparato respiratorio. La sua costruzione è dunque connessa agli aspetti negativi che la forte crescita industriale purtroppo apportò in città nei primi anni del Novecento. La forza lavoro femminile rappresenta il 90% della forza lavoro del settore; donne e bambine, spesso con meno di 12 anni, malgrado le leggi vigenti. Fra le operaie che lavorano al Cascamificio e nelle Filande di Jesi, la percentuale di quelle che hanno avuto dei figli morti nei primi anni di vita è rispettivamente del 61,5% e del 49,1%, con indici elevatissimi nei primi due anni dal parto, quando evidentemente le condizioni di lavoro incidono in negativo sulla gravidanza e sul puerperio e quindi sulla salute dei neonati. Fino all’inizio del 1900 le donne dovevano lavorare fino al momento del parto e si ha notizia che nella filanda di Moie talvolta le donne partorivano nella fabbrica stessa; l’assunzione, senza regole e controllo degli ispettori del lavoro, era data anche a bambine di otto anni. Poiché erano particolarmente difficili le condizioni igieniche nelle quali le donne svolgevano il lavoro, le patologie professionali tipiche delle filandaie erano la malattia delle bacinelle e la tubercolosi. La prima, era una affezione cutanea delle mani delle sottiere, che si occupavano di svolgere il filo del bozzolo all’interno delle bacinelle piene di liquido composto di acqua bollente e di elementi prodotti dalla putrefazione della crisalide. La seconda, si contraeva perché, in mancanza di mezzi meccanici, per prendere il capo del filo ed introdurlo in macchina, le operaie dovevano avvicinare la bocca al bozzolo e aspirare forte in modo da attrarre il filo e prenderlo poi tra le dita. Tale atto era chiamato il bacio della morte, perché la sua prolungata ripetizione con assorbimento violento d’aria si ripercuoteva sul tessuto polmonare provocando a lungo andare una forma di tubercolosi. Questa, secondo il deputato e medico cagliese, Angelo Celli, era documentata dal 1900 al 1928 come una vera e propria malattia delle fabbriche. La tubercolosi era già diffusa prima del decollo industriale italiano per la scarsa alimentazione e le scarse cure igieniche, ma se in campagna un tubercolotico aveva buone possibilità di guarire grazie all’azione di una vita all’aria aperta, lo stesso individuo in un ambiente urbano e in un lavoro di fabbrica non solo era destinato a peggiorare fino alla morte, ma anche a contagiare sia i familiari, sia i compagni di lavoro. Inaugurato nel 1938, sin dai primi mesi ha ospitato malati di tutta la provincia. Durante la guerra di occupazione, è stato trasformato dai tedeschi in ospedale militare per i loro soldati. Con la progressiva scomparsa della tbc per opera delle moderne terapie, il Sanatorio Murri, dagli anni 70, è stato incorporato con l’Ospedale Provinciale Generale di Jesi e occupato progressivamente dai reparti di pneumologia, ortopedia, otorinolaringoiatria, dermatologia, fisioterapia, psichiatria, odontostomatologia.
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